Le qualità di un bravo formatore

formazione

Mi hanno chiesto di preparare degli interventi sull’apprendimento a distanza, cioè su come essere docenti coinvolgenti anche attraverso una webcam e senza un’interazione che preveda una certa vicinanza fisica.

Effettivamente ho una certa esperienza che deriva da 30 anni di e-learning.

Quindi ho colto la palla al balzo per mettere un po’ di ordine nei miei pensieri. È da marzo scorso che siamo sotto pressione con la formazione a distanza ed è giunto il momento di cristallizzare l’esperienza vissuta così intensamente nell’ultimo anno.

Cominciando a lavorare sull’argomento, sono finito, come era ovvio, a considerazioni sull’essere docenti;
cosa vuol dire essere un bravo docente per un corso di formazione?

Perché essere un bravo docente in presenza, ovviamente ti dà la possibilità di essere un bravo docente a distanza.

Mi sono venuti in mente tutti i bravi colleghi con i quali ho avuto la fortuna di collaborare, e partendo da loro ho estrapolato le qualità che un bravo docente deve possedere.
Non sono proprietà con cui nasciamo, o riceviamo in dono, ma piuttosto sono generate criticamente dal formatore. 
Le ritengo tutte necessarie e non sono elencate in ordine di importanza

Inizierò con l’umiltà, che non significa assolutamente mancanza di rispetto per noi stessi o spirito accomodante. 
Al contrario, l’umiltà richiede coraggio, fiducia e rispetto per noi stessi e per gli altri. 

L’umiltà ci deriva da questa considerazione ovvia: nessuno sa tutto, nessuno ignora tutto. 
Sappiamo tutti qualcosa, ignoriamo tutti qualcosa. 

Senza umiltà, difficilmente daremo ascolto a qualcuno che consideriamo troppo lontano dal nostro livello di competenza. Ma l’umiltà che ci fa ascoltare qualcuno ritenuto meno competente di noi non è un atto di condiscendenza da parte nostra. Non si tratta di quello. Ascoltare attentamente tutti coloro con cui interagiamo, indipendentemente dal loro livello intellettuale, è un dovere. 

L’umiltà aiuta ad aprirsi al circuito della verità.  
L’umiltà non fiorisce nell’insicurezza delle persone, ma nella sicurezza dei prudenti. 

È necessario aggiungere un’altra qualità all’umiltà con cui il docente agisce e si relaziona con i suoi studenti, e questa qualità è la gentilezza amorevole senza la quale il suo lavoro perde il significato.
Amorevole non solo verso gli studenti ma verso il processo di insegnamento stesso. 
Non credo che senza una sorta di amore armato, come direbbe il poeta Tiago de Mello, il docente possa sopravvivere alle negatività del proprio lavoro. Continuiamo ad amare il lavoro con gli allievi nonostante l’indifferenza del finanziatore pubblico verso i risultati formativi, l’incoerenza del privato o la spudoratezza di alcuni.

 Tuttavia, è necessario che questo amore sia in realtà un “amore armato”, un amore combattivo. Questo è il tipo di amore indispensabile che tutti noi dobbiamo imparare e vivere. 

Ma accade che la gentilezza amorevole di cui parlo, il sogno per il quale lotto e per la cui realizzazione mi preparo costantemente, esiga che io inventi in me stesso, nella mia esperienza sociale, un’altra qualità: il coraggio di lottare al fianco del coraggio di amare. 

Il coraggio di provocare criticamente le coscienze, mettendo in discussione i miti che distorcono il sapere degli allievi.
Il coraggio anche di non piacere per forza ai discenti, perché è la verità che rende liberi.

Un’altra virtù è la tolleranza. Senza di essa è impossibile svolgere un serio lavoro didattico.
Essere tolleranti non vuol dire coprire l’intollerabile ma è piuttosto la virtù che ci insegna a convivere con ciò che è diverso, a imparare con ciò che è diverso, a rispettare ciò che è diverso. 

Essere tolleranti non è un modo gentile e delicato di accettare o tollerare la menzogna, l’errore. 
Questa è ipocrisia, non tolleranza.
L’atto di tollerare implica il clima di stabilire limiti e principi che devono essere rispettati. 
La tolleranza richiede rispetto, disciplina, etica. 

Altre qualità che voglio aggiungere è la determinazione.

Determinazione nel raggiungere determinati obiettivi, scegliendo tra ciò che è giusto e ingiusto per il successo dell’apprendimento.

È una difficile virtù nella misura in cui decidere significa scegliere. 
Nessuno decide se non per una cosa contro un’altra, per un punto contro un altro, per una persona contro un’altra. Pertanto, qualsiasi opzione che segue una decisione richiede una valutazione ponderata, un confronto per scegliere una delle possibili soluzioni o posizioni. Ed è la valutazione, con tutte le implicazioni che genera, che finalmente mi aiuta a scegliere. 

A questo punto devo aggiungere la sicurezza, che richiede competenza. 
Non posso essere sicuro di quello che sto facendo se non so come convalidare scientificamente la mia azione o se non ho almeno qualche idea di quello che sto facendo, e perché lo sto facendo

C’è un’altra qualità fondamentale: la tensione tra pazienza e impazienza. Sì, perché essere solo pazienti può portare a posizioni di accomodamento, di immobilità, di inazione. 
La sola impazienza, invece, può condurre ad un’azione fine a sé stessa, in cui non vengono rispettati i necessari rapporti tra teoria e pratica. 

La virtù è, quindi, nel vivere la tensione permanente tra pazienza e impazienza. 

È vivendo l’umiltà, la gentilezza amorevole, il coraggio, la tolleranza, la competenza, la capacità di decidere, la sicurezza, la tensione tra pazienza e impazienza, non importa se con errori o incongruenze, ma comunque desiderosi di superare questi ostacoli,  che si crea ciò che noi abbiamo definito “Happy learning”. 
Consiste nell’apprendimento che è avventura, che non ha paura del rischio e che proprio per questo rifiuta l’immobilità. L’apprendimento in cui pensi, in cui agisci, in cui credi, in cui parli, in cui ami. 
Insomma, l’apprendimento felice.

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