Quando il fuoriclasse se ne va

Cosa accade in un team quando il fuoriclasse abbandona? È questa la domanda che mi sto ponendo in questi giorni in cui numerosi calciatori famosi tipo Ronaldo, Lukaku, Messi…

Essere leader o non essere leader. Questa è la domanda/3

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I veri leader sono gli amministratori del futuro. Si assumono responsabilità che gli altri non vogliono assumersi. Perché lo fanno? Perché vogliono farlo e perché hanno imparato a farlo.

Allora continuiamo ad imparare e conosciamo le ultima 4 caratteristiche di un buon leader

9. Gestisci la pressione

Se hai delle responsabilità hai già preso decisioni sbagliate, è inevitabile che accada. Quindi sai benissimo che le cattive decisioni non sono prese per mancanza di capacità o di giudizio istintivo, ma a causa dell’incapacità di gestire la pressione nel momento cruciale. Come riuscire a gestire allora quei momenti in cui c’è qualcosa in gioco, ci sono conflitti, c’è una scadenza, un’urgenza e ci sono molti stimoli e distrazioni?

Fatti aiutare da un samurai! Miyamoto Musashi è stato il più famoso samurai giapponese. Ha affrontato decine di duelli senza mai perderne uno. La sua abilità si basava su un “doppio sguardo”; un occhio sulla situazione immediata (l’avversario) e l’altro sull’immagine più grande (lo stato di avanzamento sul campo di battaglia più ampio). La chiave del successo, quindi è la capacità di passare costantemente tra le due situazioni. Non ha senso che tu ti concentri sui dettagli dell’esecuzione se non hai un chiaro senso della strategia generale – e viceversa. E come fare ad adottare questa strategia? Beh, ovviamente c’è da studiare ed imparare.
Ma io ti avevo avvisato nel post precedente: I LEADER IMPARANO!

Un consiglio: crea delle mappe, cioè degli schemi che chiariscono i problemi e forniscono un punto di riferimento facile da ricordare in situazioni di pressione. Comunque dai una letta a “Il libro dei cinque anelli: la vita come strategia” di Miyamoto Musashi.

10. Conosci te stesso. Sii te stesso

Nella camera interna del tempio di Luxor, nell’Alto Egitto si trova inciso un geroglifico il cui significato è: “Uomo, conosci te stesso e conoscerai gli dei”. Se non ti fai deconcentrare dalla confusione e dai problemi quotidiani, puoi diventare libero di seguire la tua strada, sarai resiliente e forte. Lo sviluppo dell’io autentico è di enorme importanza per la performance, come dicono gli psicologi che lavorano nella nostra azienda. Questa è l’essenza del leader, la sua base. Dopo 30 anni di esperienza credo fermamente che i migliori leader rimangono fedeli ai propri valori più profondi. Sono loro che conducono la loro vita e gli altri li seguono.

11. I leader vanno oltre

A qualsiasi cosa ci dedichiamo nella vita, che si tratti di un’impresa o un progetto, la famiglia o una causa, un’arte o una convinzione, facciamo sempre dei sacrifici. Che rinunciamo a un’ora, a un giorno o all’esistenza intera, stiamo vivendo la nostra vita per un obiettivo. Quindi è meglio che ne valga la pena.

12. Inventa il tuo linguaggio

I leader sono narratori. Tutte le grandi organizzazioni sono nate da una storia accattivante. Questo pensiero centrale aiuta le persone a capire per cosa lottano e per quale motivo. Perché le parole innescano le rivoluzioni. Lo storytelling basato su valori forti e importanti, che utilizza un linguaggio comune con mantra, motti e metafore, aiuta i leader a mettere in connessione il significato personale degli appartenenti al loro gruppo con la propria visione del futuro.

Qual è il nutrimento di un leader? La conoscenza. La comunicazione

Per chiudere voglio riassumerti le 12 caratteristiche che definiscono ogni buon leader:

  1. Non sentirti mai troppo grande per fare le cose piccole
  2. Quando arrivi al culmine, cambia obiettivo
  3. Gioca con uno scopo. Chiediti: perché?
  4. I leader creano leader.
  5. Crea un ambiente di apprendimento
  6. Privilegia la logica del “noi”
  7. Punta verso grandi obiettivi
  8. Allenati per vincere. Esercitati sotto pressione
  9. Gestisci la pressione
  10. Conosci te stesso
  11. I leader vanno oltre
  12. Inventa il tuo linguaggio

Le altre due parti di questo lunghissimo post sono:

Essere leader o non essere leader. Questa è la domanda/2

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Sicuramente vi è capitato di vedere un stormo di uccelli migratori in cielo. In autunno e primavera si vedono spesso nei cieli delle nostre città.

Un uccello fa da guida e sta davanti a tutti; a turno questa guida viene assunta dagli altri membri dello stormo, in un sistema di supporto sincronizzato e senza soluzione di continuità. Gli ornitologi dicono che volare in questo modo è il 70% più efficiente che volare da soli. Se un uccello rompe la formazione, avverte la resistenza del vento e si riunisce allo stormo. Se uno rimane indietro, gli altri aspettano finché non si ricongiunge. È una perfetta dinamica organizzativa ed è un’ottima metafora del concetto di Team.

Nessuno viene lasciato indietro È una perfetta dinamica organizzativa ed è un’ottima metafora del concetto di Team.

Riprendo il discorso da dove lo avevo lasciato e vi elenco altre 4 caratteristiche che secondo me definiscono il leader

5. Crea un ambiente di apprendimento

I leader sono insegnanti.

L’eccellenza è un processo fatto di apprendimento cumulativo e di miglioramento incrementale. Quindi il vero  leader promuove un sistema strutturato ai fini dello sviluppo del team, nonché  una mappa su misura per lo sviluppo degli individui.

Penso che per eccellere, occorra creare una mappa giornaliera di automiglioramento. Un po’ come gli atleti professionisti, che hanno un calendario quotidiano personalizzato di allenamento. Questa mappa funziona come strumento di sviluppo per squadre e organizzazioni.

Grazie a questo approccio dinamico vengono forniti nuovi obiettivi e si sviluppano nuove abilità. Le persone si sforzano al massimo, diventano più capaci e raggiungono risultati migliori per la squadra. Insomma su due aspetti il leader deve puntare l’attenzione:

I LEADER SONO INSEGNANTI
I LEADER IMPARANO

6. Privilegia la logica del “noi”

Qui bisogna citare Kypling: “Perché la forza del branco è il lupo, e la forza del lupo è il branco.” Si tratta insomma di passare da un logica dell’”io” ad una logica del “noi” senza abbandonare la forza dell’individualità. Un team si costruisce dall’interno. E standard elevati devono provenire da dentro il team

7. Punta verso grandi obiettivi

I leader di successo hanno elevati parametri di riferimento. Fissano in alto le proprie aspettative e cercano di superarle. Esiste un proverbio maori che dice: “Punta alla nuvola più alta, così, se la manchi, raggiungerai una montagna maestosa.” Cioè bisogna avere una grande storia in cui credere e grandi obiettivi a cui tendere

8. Allenati per vincere. Esercitati sotto pressione.

Michael Jordan in un’intervista diceva che non aveva mai avuto paura durante una gara, perché si era allenato così tanto intensamente da avere sotto controllo ogni tipo di situazione. Infatti allenarsi intensamente accelera la crescita personale.
Lo scopo è attivare una maggiore lucidità e accuratezza in situazioni di stress e incrementare la capacità di riportare l’attenzione al presente e al compito attuale. I leader intelligenti utilizzano l’intensità per sfidare se stessi e la propria squadra, e per aumentare competenza e capacità. L’allenamento psicologico intensivo è essenziale per sviluppare resistenza mentale e capacità di reazione.

Alla prossima per gli ultimi 4 punti su cui focalizzarsi per essere leader.

Nazario De Mori

Essere leader o non essere leader. Questa è la domanda/1

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Sono un leader? Che tipo di leader sono? In questo ultimo mese ho dovuto pensare molto alla leadership. In azienda abbiamo avuto delle attività che ci coinvolgevano su questo tema.

Cosa vuol dire essere leader? Cos’è la leadership?

Ho dovuto rimettere in discussione molte delle mie convinzioni ed in qualche modo sono entrato in crisi.

La leadership si insegna oppure dipende esclusivamente dal nostro carattere?

Invece di insegnare leadership, in questo momento storico non è meglio insegnare la “followerships”? Cioè i buoni seguaci riescono a creare i grandi leader?

Ovviamente, dato il mio carattere, ho dovuto leggere molto ed approfondire l’argomento ed ho capito che per essere buoni leader occorre avere 12 caratteristiche. Sono caratteristiche che occorre declinare puntualmente, e quindi ho deciso di elencarle in 3 post diversi, così da non essere troppo lungo. Cominciamo

1.  Non sentirti mai troppo grande per fare le cose piccole

Il leader è il primo che si mette in gioco; anche a svolgere compiti più umili da condividere con le persone del proprio gruppo. Non bisogna sentirsi mai troppo grandi per fare le cose piccole. Perché la sfida è migliorare sempre, perfezionarsi di continuo, anche quando sei già il migliore.

Soprattutto quando sei il migliore. Questo atteggiamento aiuta ad essere in relazione con la realtà dell’ambiente in cui siamo immersi, perché bisogna avere orgoglio assoluto nella performance e umiltà totale di fronte alla grandezza del compito. Inoltre ci permette di entrare in un’ottica di miglioramento continuo; non ci permette di sentirci arrivati al culmine della nostra carriera, perché la sfida è migliorare sempre, perfezionarsi di continuo, anche quando sei già il migliore. Aiuta anche a forgiare il carattere del gruppo di cui siamo leader: un gruppo di individui capaci ma indisciplinati alla fine non potrà fare altro che fallire; il carattere trionfa sempre sul talento.

2. Quando arrivi al culmine, cambia obiettivo

Bisogna essere pronti al cambiamento, sia che si lavori in un ambiente molto strutturato che in uno più semplice da gestire. Il declino organizzativo è inevitabile a meno che i leader non si preparino per il cambiamento, persino quando si trovano all’apice del successo. Esempi? Kodak, Nokia, Blockbuster….Tutte aziende che erano i player principali dei loro settori e che si sono estinte (in qualche modo). Bisogna quindi creare un’organizzazione vincente che abbia un ambiente di sviluppo personale e professionale in cui ogni individuo si assume le proprie responsabilità e ne condivide il possesso. (Questo è per il mio G.M., che si è battuta fortemente per creare un ambiente di knowledge sharing)

3. Gioca con uno scopo. Chiediti: perché?

Questo è uno dei miei punti preferiti. Troppo spesso nelle aziende il perché, la motivazione che ci spinge a lavorare per un determinato obiettivo, viene sottostimata o taciuta. E invece i leader collegano il significato personale a uno scopo più alto per creare un valore condiviso e indicare una direzione. Diciamo che, visto che vivo in un ambiente circondato di psicologi, “L’autorealizzazione è possibile solo come effetto collaterale della trascendenza da sé”. Cioè dell’andare oltre se stessi. E comincia con la domanda: perché?

Alcuni esempi anche qui? L’agenzia Saatchi & Saatchi vuole rendere il mondo un posto migliore per tutti, la Ford vuole democratizzare l’automobile, la Disney porta il sorriso sul volto dei bambini, la Nike dà forza al singolo, la Procter & Gamble è all’instancabile ricerca di essere la migliore mentre per la Toyota c’è sempre un modo migliore. E avete presente il Barcellona, la squadra di calcio? Sugli spalti hanno scritto la frase “mes que un club”: più di una squadra. Il loro perché è la Catalogna, la libertà. Vogliamo essere un po’ più prosaici? Allora sappiate che “Le persone non comprano quello che fa un’azienda, ma il perché lo fa” (Simon Sinek, “Partire dal perché”) . I leader, le aziende e i team motivati trovano il loro scopo più profondo, il loro “perché?”, e attirano sostenitori grazie a valori, visione e convinzioni condivisi.

4. I leader creano leader

In un’azienda che vuole avere un futuro, ma anche un presente, i leader creano leader trasferendo responsabilità e creando fiducia. Perché responsabilità condivisa significa senso di inclusione e quindi che gli individui sono più motivati a spendersi per una causa comune. Una grande verità, non detta da me ma da Tom Peters, è che “I leader non creano seguaci. Creano altri leader”. Per fare ciò occorre trasmettere ai membri del team un senso di grande autostima: che ciascuno, in qualsiasi momento, possa sentirsi ed essere la pedina più importante.

Prossimamente altre 4 punti su cui focalizzarsi per essere leader.

Nazario De Mori

La solitudine dei capitani d’azienda

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Nelle aziende, coloro che sono al comando sono le persone che più di tutte vivono una continua solitudine legata al ruolo. Me ne accorgo ogni giorno di più, in occasione di incontri di lavoro, quando a tu per tu i capitani di aziende mi raccontano, come un fiume in piena, la loro esperienza.

I capitani di aziende, che mi capita di incontrare per lavoro, molto spesso si soffermano a raccontarmi che a loro viene chiesto di vestire ogni giorno gli abiti della persona motivata: decisionista ma allo stesso tempo ispiratrice, sicura di sé e visionaria al punto da rassicurare tutti sulla concretezza del loro posto di lavoro e sul valore del loro progetto professionale. Molto spesso la loro leadership è tale da gestire questa richiesta con tranquillità ed entusiasmo, ma ci sono dei momenti in cui le preoccupazioni sono molte, le banche che chiedono più garanzie, il mercato in flessione, gli aspetti organizzativi da risolvere, i clienti pressanti…

E guai in questi momenti a dimostrare stanchezza e preoccupazione potrebbe scattare, tra le risorse umane, l’idea che forse è meglio trovarsi un nuovo posto di lavoro e scappare…. Inoltre chi è convinto che circondarsi da personalità differenti sia un valore di cui l’azienda non può fare a meno, avverte anche la necessità di rapportarsi in modo differente con le risorse umane: riuscire ad essere sfidante con chi cerca competizione; rassicurante con chi ricerca tranquillità, coinvolgente con chi vive nel team la sua realizzazione.

E se le cose non vanno per il verso giusto, se la stanchezza assale o se lo stress è troppo alto, se i cambiamenti del mercato del lavoro sono stati così repentini da richiedere un nuovo assetto organizzativo e quindi regna una fase di confusione, se l’empatia con la risorsa non si trova? Con chi può confidarsi il nostro apicale?

A rendere questa sensazione di solitudine ancor più pesante c’è alcune volte la consapevolezza dei rumors aziendali, del lamento, del chiacchiericcio di chi durante la pausa caffè, nei corridoi, utilizzando sistemi di messaggistica interni, mugugna su chi comanda, sulla organizzazione confusa, sul “modello di leadership”, come se questo diffuso malessere non arrivasse alle orecchie attente del capo.

Quante volte sento affermazioni del tipo: è troppo intransigente, era meglio il padre, l’organizzazione non funziona, fossi io al suo posto farei meglio… Quando ciò accade avverto lo stesso senso di disagio di quando di fronte ai cancelli della scuola dei miei figli, alcune mamme dei bambini (spesso senza alcuna  esperienza) mi dicevano: “Non condivido il metodo didattico della maestra, indiciamo una riunione”. In mente mia mi chiedevo: “ma cosa dobbiamo dire in questa riunione? Perché non la facciamo lavorare questa “povera crista” e proviamo a supportarla invece di darle contro…già primi giorni di scuola”

Per anni ho pensato che un capo potesse essere “amico delle proprie risorse” cosi’ come anche per tanto tempo si è discusso sui genitori “amici” dei propri figli.

Niente… secondo me non vale in nessuno dei due casi.. chi è capo deve esercitare questo ruolo assumendo delle decisioni a volte impopolari, cercando di restare sempre un super-eroe nell’immaginario comune, costruendo relazioni profonde di stima e di rispetto che prescindono dalla ricerca della quotidiana complicità.

Ed è proprio nella quotidianità che a volte, scatta la solitudine di cui parlavo prima. L’impossibilità di essere sempre se stessi per vestire ogni giorno gli abiti di un condottiero senza paura.

Napoleone quando era stanco della guerra e stava per tornare, diceva a Giuseppina “Non lavarti, arrivo”, tutti hanno sempre raccontato questo episodio come un desiderio sessuale, io ho sempre pensato che Napoleone, stanco di dover essere sempre un condottiero senza paura, voleva sentire ogni tanto l’afrore dell’umanità.

Pina Basti